Responsabile della ricerca

Dott. Giuseppe Busetto

 

2017
II

Il problema: apprendimento e memoria


Ricerca di base sui meccanismi cellulari di apprendimento e memoria, per la riabilitazione dei deficit cognitivi nella malattia di Alzheimer.

L’Ippocampo è una parte del cervello che riveste un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento e memorizzazione, come ad esempio imparare un nuovo percorso stradale o memorizzare il nome di una persona. Perché ciò avvenga, la trasmissione dell’impulso nervoso all’interno dell’ippocampo si modifica e diviene più efficace.  È questo un fenomeno importante nell’ambito della cosiddetta “plasticità” del sistema nervoso.

Nella malattia di Alzheimer, la plasticità dell’ippocampo è compromessa e con essa sono compromessi anche l’apprendimento e la memoria. Al momento non esiste una terapia efficace per guarire le persone affette da questa grave malattia degenerativa. In alternativa si può sfruttare il grado residuo di plasticità nervosa cercando di migliorarla e contrastando così il decadimento cognitivo.

La plasticità è favorita dalla attività elettrica nervosa e su questa base si suggerisce ai malati di Alzheimer (ma in generale a tutte le persone anziane) di mantenere “attiva” la mente, ad esempio con esercizi di logica e di risoluzione di problemi. Purtroppo però i fenomeni di degenerazione delle strutture nervose nella malattia di Alzheimer sono molto gravi e tale approccio terapeutico è solo modestamente efficace. È quindi necessario approfondire le nostre conoscenze sulla biologia della plasticità, per individuare nuovi bersagli farmacologici che siano in grado di migliorarla.

Questo progetto di ricerca sperimentale mira allo studio della biologia della plasticità nervosa, con lo scopo primario di scoprire segreti cellulari della memoria e, in futuro, migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer.

Il progetto utilizza cellule nervose mantenute vive in laboratorio e lo studio del loro comportamento durante vari tipi di stimolazione elettrica. In particolare, il progetto si concentra sulla risposta cellulare che compare ad una certa distanza temporale dall’applicazione dello stimolo (30 minuti circa), perché qualche decina di minuti è spesso il tempo necessario per il consolidamento della memoria. Tali conoscenze saranno potenzialmente utili per lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di migliorare la plasticità nervosa quando la stessa è compromessa dalla malattia.

Rilevanza

Le persone affette da malattia di Alzheimer soffrono di un grave decadimento cognitivo, con compromissione dell’apprendimento e della memoria. Al momento non esiste una terapia efficace per contrastare tale malattia.
Questo studio sperimentale approfondisce le conoscenze sui meccanismi biologici dell’apprendimento e della memoria, gettando basi scientifiche per nuove terapie.

Dott. Giuseppe Busetto (Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università di Verona), finanziato dalla VBRF con fondi per materiale di consumo.
Dott. Giuseppe Busetto (Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università di Verona), finanziato dalla VBRF con fondi per materiale di consumo.
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